1964-1976: il primo irripetibile ciclo
PREMESSA.
Questa è una storia di sport, di automobili e di uomini. A fare la storia sono però anzitutto gli uomini.
Tratteremo quindi delle loro gesta, sportive ed organizzative, limitandoci a queste.
Sulla nascita e sul crepuscolo della Brescia Corse avevamo sentito diverse versioni, non tutte concordi, sovente influenzate da diversi punti di vista; in alcuni casi il trascorrere del tempo aveva dilatato, nel bene e nel male, il flusso dei ricordi.
Nell'impossibilità di raccogliere la testimonianza diretta di tutti i protagonisti dell'epoca, c'è sembrato scorretto ascoltarne solo alcuni. Abbiamo quindi preferito ricostruire questa storia basandoci esclusivamente sulle cronache originali del tempo, tratte da varie pubblicazioni, in una sorta di rassegna stampa. In particolare, si è ritenuto utile riprodurre gli articoli di Manuel Vigliani, in quel periodo all'apice della sua carriera.
La maggior fonte d'informazione sono state le undici edizioni, dal 1965 al 1975, dell'Antologia della Scuderia Brescia Corse, edite dalla scuderia stessa. Nel corso degli anni queste antologie furono curate da Lino Caprioli, ottimo pilota, Marco Silvan, Bruno Passeri e Federico Vigani.
Come sempre accade, molti fatti, i retroscena, i contrasti, non venivano certo diffusi tramite stampa.
Per noi questo non ha rappresentato un limite, in quanto la storia che c'interessa è quella sportiva.
Una storia che per gli appassionati di automobilismo, ma anche per tutti i bresciani, rappresenta un capitolo tanto sensazionale quanto irripetibile.
L'AMBIENTE AUTOMOBILISTICO BRESCIANO NEL 1964.
I primi anni Sessanta furono un periodo particolarmente felice per il nostro Paese. Il "boom" economico, la guerra ormai dimenticata, favorirono in tutta Europa un modo di vita dinamico, moderno, sensibile alle novità artistiche, culturali e al progresso tecnico.
Nel 1964 lo stile imperante veniva dalla Gran Bretagna, dove Mary Quant lanciava la minigonna mentre i Beatles cantavano "A hard day's night".
Nuovi fermenti intellettuali, nuove mode animavano i giovani, anche se le tensioni del 1968 erano ancora lontane.
Tutto ciò accadeva anche a Brescia, dove ad essere insoddisfatti erano solo gli appassionati delle corse automobilistiche.
Sette anni dopo la tragica conclusione della Mille Miglia nel 1957, la città si considerava ancora orfana della sua grande corsa.
In verità, quasi subito Renzo Castagneto tentò di far rinascere la sua creatura con una formula allora poco in voga: lunghi tratti di regolarità per trasferirsi da una prova di velocità all'altra, su circuiti o strade di montagna poco frequentate ed ermeticamente chiuse.
In città però quasi nessuno volle dargli credito.
Peccato che questa formula fosse esattamente quella dei moderni rally; Bruno Boni, allora sindaco di Brescia ed ultimo strenuo difensore della corsa, venticinque anni dopo dichiarò:
"Se avessimo dato retta a Castagneto, dandogli man forte nella sua intuizione, oggi Brescia disporrebbe di un Rally celebre quanto quello di Montecarlo".
Castagneto, ci provò nel 1958 e nel 1959, desistette nel 1960 causa la diffidenza della stampa e quindi del pubblico, ritentò caparbiamente nel 1961 e poi si arrese.
Per qualche anno ancora si ipotizzò di una Mille Miglia disputata sulle autostrade, senza nessun riscontro positivo.
L'ultima parola fu pronunciata proprio nel 1964, in un ultimo, disperato, tentativo per una Mille Miglia senza compromessi, come riportato sulla pregevole pubblicazione "1000 Km di Monza" (a cura di Andrea Curami, Daniele Galbiati e Luca Ronchi. Edizioni del Soncino 1998) nella prefazione di Romolo Tavoni, direttore sportivo della Scuderia Ferrari dal 1958 al 1961 e direttore di gara di molte competizioni:
"Nell'ottobre del 1964 si tenne a Brescia, su istanza del Club Mille Miglia, una Scuderia Brescia Corse 1964-1976: il primo irripetibile ciclo tavola rotonda avente lo scopo di esaminare la possibilità di riprendere la prestigiosa gara a beneficio della nostra industria dell'automobile prima e di stimolo all'ammodernamento e completamento della viabilità, sia sulla linea adriatica sia sulla dorsale appenninica. Erano presenti il professor Bruno Boni, sindaco di Brescia, il direttore di gara Renzo Castagneto, l'onorevole Ariosto, sottosegretario agli Interni, un rappresentante del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, l'Associazione Industriali Bresciani, la Camera di Commercio e tutta la stampa nazionale con alla testa il decano ingegner Giovanni Canestrini. In quella occasione si concluse che, purtroppo, le condizioni non consentivano la ripresa sul classico percorso della Mille Miglia. L'A.C. Brescia e il Club Mille Miglia non intendevano, peraltro, organizzare la gara sul precario percorso Brescia-Mantova-Cremona-Brescia, utilizzato nel 1940, perché questa non sarebbe stata la Mille Miglia né avrebbe promosso e stimolato l'ANAS, gli A.C. provinciali e tutti gli enti interessati a un impegno "nazionale"".
La fantastica epopea era definitivamente conclusa.
Per Renzo Castagneto, che era anche il patron dell'unica scuderia cittadina, la Mirabella Mille Miglia, questa decisione rappresentò un'autentica batosta.
Possiamo solo supporre che questo fatto influì su tutta l'attività della gloriosa scuderia che, fortunatamente, seppe in seguito riprendersi e ancor oggi è operativa e risulta tra i più titolati sodalizi italiani.
Nel 1964 ci furono però evidenti disparità di vedute tanto che anni dopo, in una lettera al Giornale di Brescia, uno dei primi piloti della Brescia Corse, ricordò come la Scuderia nacque in antitesi alla Mirabella Mille Miglia di Renzo Castagneto, grazie all'impegno dei soci fondatori Alfredo Belponer, Antonio Bignami e Nino Soldi.